IN BREVE Cosa: tre serie tv consigliate (anche) agli appassionati di cinema
Negli ultimi anni le grosse produzioni televisive hanno compiuto un salto qualitativo considerevole, tanto che alcune serie possono tranquillamente annoverarsi fra le opere audiovisive più interessanti dei nostri tempi. È una realtà che, senza voler scomodare padri nobili come Twin Peaks, nella nostra contemporaneità nasce prevalentemente dall’enorme interesse che seppe suscitare Lost, e che vede lavori come Boardwalk Empire, Mad Men o Game of Thrones veicolare sul piccolo schermo contenuti e immagini estremamente maturi, ricchi e complessi, sempre più spesso affidati ad affermati professionisti del cinema.
Non dei notissimi titoli sopra citati si parlerà qui, ma di tre serie antologiche, che nella loro forma hanno un ulteriore motivo di interesse. Le serie antologiche presentano stagioni autoconclusive, e la tendenza è quella di sviluppare un soggetto cinematografico su un respiro di 8, 10 ore, dei veri e propri film lunghi.
Infatti un unico regista, Cary Fukunaga, e un solo sceneggiatore, Nic Pizzolatto, sono i nomi cardine di True Detective: una storia – un fenomeno di massa e nel suo campo epocale – che per due mesi ha affascinato milioni di persone con una alchimia perfetta di scrittura, regia esibita e ambiziosa, luoghi e spazi avvolgenti, e una coppia d’attori, Matthew McConaughey e Woody Harrelson, in quel che si suol definire stato di grazia, pur interpretando due figure molto vicine alla dannazione. Nell’atmosfera malsana che avvolge l’indagine di uno strano omicidio rituale, che ci porta in una comunità bayou nelle paludi della Louisiana, si delineano le storie e le personalità dei protagonisti. In equilibrio fra la classicità del genere e le possibilità portate dalla dilatazione dei tempi, True Detective scruta i personaggi all’interno e all’esterno, muovendosi su due linee temporali, una contemporanea e l’altra di diciassette anni precedente, intrecciandole con splendida fluidità. Indimenticabili la murder ballad e il video della sigla iniziale.
La seconda segnalazione è per Top of the Lake, sette puntate per una miniserie che è in tutto un’opera della regista neozelandese Jane Campion (Bright Star, Lezioni di piano), che ha scritto e diretto ogni episodio. Anche in questo caso l’ambiente ha un’importanza primaria: la cittadina di Laketop in Nuova Zelanda è circondata da laghi, montagne, boschi, spazi vuoti e freddi, ed è ulteriormente ghiacciata dalla fotografia di Adam Arkapaw. Il motore dell’azione è nella sparizione di una ragazzina, Tui, giovanissima futura madre. La protagonista è un’investigatrice, interpretata da Elisabeth Moss (Mad Men), tornata nel luogo di nascita anche per fare i conti con un passato tutt’altro che risolto. A definire la storia e il suo mondo sono due figure che si fronteggiano a distanza, impersonate da Peter Mullan, incarnazione dell’anima corrotta del paese, e Holly Hunter, una donna carismatica e disillusa, a capo di una comunità femminile. Il confronto fra uomo e donna guida la visione complessiva, e per quanto sia rimarcata la violenza nell’indole maschile e il sostegno reciproco in quella femminile, la Campion regala un certo grado di ambiguità ad entrambi, e in quello spazio indefinito s’intravede il contatto fra i due mondi.
La terza e ultima segnalazione ci porta dalle parti dei Coen, e da decenni, ormai, i fratelli del Minnesota sono fra i migliori autori di cinema dell’Occidente. Fargo è una serie in dieci episodi, tutt’ora in corso, che riprende fedelmente il mondo grottesco e minaccioso dipinto dal loro omonimo film del 1996. I Coen compaiono fra i produttori esecutivi, certificazione di qualità che riprende gli intrecci iperreali, la neve, la violenza fra incubo minimalista e fumetto che animavano l’originale. Al centro della scena Billy Bob Thornton, killer da manuale, magnetico e sopra le righe, e Martin – Watson – Freeman. Densa di humour nero e di figure tipicamente (coenianamente) in balia degli eventi, di scene scritte con grande perizia e caratteristi pronti a rubarsi la scena, Fargo, nonostante sia sostanzialmente un film di dieci ore, è un meccanismo compatto e implacabile, da seguire nelle sue ultime evoluzioni.