Le impressioni, non solo acustiche, dalla mostra. L’inizio di tour museale
Chi: Rewind. 50 anni di Fender
Cosa: mostra
Quando: dal 16 novembre al 3 febbraio
Dove: Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna, Strada Maggiore, 34
Costo: 5 euro
Info: 051 2757711
I musei sono spazi di riflessione. Sono un’occasione per una sana forma di introversione momentanea che concilia il pensiero e permette al nostro tempo di scorrere in maniera meno nervosa di quanto di solito ci accada…
Le impressioni, non solo acustiche, dalla mostra. L’inizio di tour museale
IN BREVE Chi: Rewind. 50 anni di Fender Cosa: mostra Quando: dal 16 novembre al 3 febbraio Dove: Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna, Strada Maggiore, 34 Costo: 5 euro Info: 051 2757711 Opere: Marica Fasoli, qui sopra; Carlo Benvenuto nell’immagine piccola
di Antonio Tirelli
I musei sono spazi di riflessione. Sono un’occasione per una sana forma di introversione momentanea che concilia il pensiero e permette al nostro tempo di scorrere in maniera meno nervosa di quanto di solito ci accada.
Avendo deciso di dedicare parte del mio poco tempo libero a questo esercizio, sono partito da una breve visita al Museo internazionale della musica di Bologna (Strada maggiore 34).
La mostra Rewind, di cui Erika Gardumi ha già parlato su questa testata, mi dà l’occasione di partire da un territorio a me noto: la musica rock.
Il museo è piccolo: poche sale e ben strutturate. Gli strumenti, i libretti e gli spartiti raccolti ma non accatastati senza criterio. Mi muovo tra le sale senza l’obbligo di soffermarmi su oggetti o particolari specifici. Entrando, avevo pensato che mi sarei trovato di fronte ad una normale mostra di chitarre elettriche, magari in sale dedicate.
La mostra parte in realtà da un’idea più articolata e riguarda i modi e le proposte dell’arte visiva contemporanea, il linguaggio della quale prevede la commistione come principio fondante e la simbiosi con lo spazio circostante come elemento di contenuto.
Ventuno artisti italiani ed internazionali si sono misurati con l’interpretazione della chitarra Fender, realizzando opere di diversa ispirazione, di diverso materiale e diversa tecnica.
Il risultato è un insieme di ventuno opere che “parlano” del marchio Fender in quanto concetto e immaginario della musica del ‘900, ne ripropongono il mito e contemporaneamente lo diluiscono nel continuum della storia della musica.
Dunque, nessuna sala dedicata: le chitarre d’artista occupano lo stesso spazio dell’esposizione permanente e ad essa si mescolano.
In sottofondo (ma a volume abbastanza alto, direi) ogni sala manda in diffusione una playlist tematica.
Ad ogni sala è associato un decennio musicale e ammetto che è stato abbastanza singolare ritrovarmi ad ascoltare gli 883 mentre osservavo l’insolito accostamento dato da una tromba marina del 1707 – che nessuno mi chieda che razza di strumento fosse, per favore – e la chitarra elettrica imballata in pezzi di stoffa e tappezzeria realizzata da Ugo Nespolo.
Più in generale, è insolito l’effetto che fa l’ascoltare musica elettrica osservando contestualmente le teche contenenti libretti d’opera manoscritti, lettere originali di Verdi o partiture redatte al tempo in cui la notazione musicale non era nemmeno uguale a quella che oggi conosciamo.
Contrariamente a quanto potrebbe suggerire la mia sommaria descrizione, l’effetto finale non è una stonatura ma una musica fluida che intelligentemente si serve di qualche dissonanza per incuriosire e stimolare.
E a proposito dell’incuriosire ecco un piccolo paradosso: le opere degli artisti che hanno interpretato il mito Fender non catalizzano l’attenzione esclusivamente su se stesse, ma la diffondono veicolandola lungo l’intero percorso espositivo.
Se la chitarra elettrica è sempre stata, come giustamente ricorda Erika Gardumi, oggetto di performance, lo è a maggior ragione in questo spazio; e così come ha sempre avuto la capacità di focalizzare sguardo e udito su chi la “indossa” – se ti dico “chitarra elettrica” non visualizzerai la chitarra ma quasi sicuramente Jimi Hendrix o qualche altro musicista a te caro – così all’interno del museo spinge lo spettatore verso le arpe e i clavicembali e i corni ritorti e i trattati di armonia che stanno intorno.
È possibile che non fossero questi gli intendimenti degli artisti…ma tant’è. Questo è quanto a me è riuscito di percepire. Magari gli artisti avrebbero optato per un diverso livello di protagonismo, eppure mi sembra che il punto di forza di Rewind sia appunto nella capacità del mito musicale contemporaneo di dialogare e perdersi all’interno della generale evoluzione di forme e stili musicali.
Morale: ci si fa un breve ma proficuo viaggio nella musica, alla fin fine tralasciando epoche e generi e facendosi un’idea della vastità di un mondo che spesso, e il più delle volte senza rendercene conto, identifichiamo erroneamente con il nostro gusto personale.
Segnaliamo che Rewind durerà fino al 3 febbraio 2013, ma non si esaurisce nella mostra. Sono previsti tre appuntamenti di live music nei quali alle Fender verrà data la dovuta voce. Le performance avranno luogo nella sala eventi del Museo della Musica e ognuna avrà un costo di 6 euro. L’ingresso è consentito fino ad esaurimento dei posti disponibili. Queste le date:
venerdì 30 novembre
ore 21.00
Roberto Formignani trio
venerdì 14 dicembre
ore 21.00
Dendy e le Bestie
venerdì 18 gennaio
ore 21.00
Giorgio Cavalli Blue Trio