Chi: Dilettanti Geniali. Sperimentazioni artistiche degli anni Ottanta Cosa: mostra arti visive Quando: fino al 5 gennaio 2020 Dove: Pavillon de l’Esprit Nouveau, piazza della Costituzione, 11, Bologna Biglietti: ingresso libero Orari: Sab e dom, ore 14-18 Info: MAMbo – tel. 051 6496611
Lontano dal centro di Bologna e da molte attività pro-turismo che vi agiscono, in un luogo che tutti conoscono come “Quartiere fieristico” e solo da quella presenza movimentato, sorge un bellissimo oggetto architettonico, che val bene lo sforzo di visitarlo. L’oggetto cui si sta accennando è il Pavillon de l’Esprit Nouveau, in piazza della Costituzione 11, fedele riproduzione datata 1977 della casa “democratica” ideata nel 1929 da Le Corbusier. Restaurata due anni fa grazie all’intervento finanziato dalla Regione EmiliaRomagna, gli spazi del padiglione sono aperti al pubblico gratuitamente, quindi visitabili, in momenti precisi dell’anno oppure quando lo si usa per mostre temporanee.
È il caso della mostra Dilettanti geniali, curata da Lorenza Pignatti, che si avvale della direzione artistica di Alessandro Jumbo Manfredini. Come recita il sottotitolo, la mostra ospita fino al 5 gennaio 2020 un estratto significativo di quelle che sono state le “Sperimentazioni artistiche degli anni Ottanta”. In special modo quelle che hanno avuto come epicentro Bologna nel periodo forse più mitizzato e meno scandagliato degli ultimi decenni.
Per Pignatti, docente di Fenomenologia dell’arte contemporanea al NABA di Milano, la mostra che si snoda negli spazi del Pavillon de l’Esprit Nouveau, è una prima proposta verso la costruzione di un racconto, al cui centro collocare la cultura visuale di quegli anni. Un racconto giocoforza «prettamente soggettivo», personale e rizomatico, «un atlante eclettico, che deve essere ampliato da altri». Se questo è allora il primo “carotaggio” su quanto è stato prodotto all’interno di nemmeno due lustri, mostra chiaramente come l’inventiva abbia portato alla creazione di nuovi linguaggi, in perfetto sincronismo con quanto accadeva accadendo a Londra o a New York o a Berlino. Un fermento creativo, soprattutto quello bolognese ed emilianoromagnolo, che però non ha ancora avuto il giusto riconoscimento a livello nazionale e internazionale. Probabilmente perché «Bologna non sa raccontarsi come fanno altre città. Potrebbe raccontare meglio il passato grande che ha avuto». A nostro modesto parere, stessa cosa accade altrove quando si guarda allo stesso periodo.
Attenzione a non interpretare questa affermazione in chiave nostalgica. Non c’è un grammo di nostalgia in Dilettanti geniali, a parte forse negli occhi di chi guarda. L’esposizione è una proposta di materiali d’archivio e tale resta. Un atlante eclettico, come si diceva, che si dispone sui due livelli del Padiglione dialogando con quegli spazi anche attraverso arredi e vari pannelli in cartone realizzati da Essent’ial (per statuto, non si può appendere nulla a parete). Il percorso che si forma, propone una mappatura della creatività attiva negli anni Ottanta e forse oggi meno riconosciuta. Eppure, ammirando poster, vinili, riviste, dipinti, disegni originali e documenti che riguardano la musica, il fumetto, il design e l’arte prodotti in quel periodo, ci si rende conto di quanto anticipatrice fosse, di come suggerisse il tempo che stiamo vivendo.
Per Roberto Grandi, Dilettanti geniali «è una mostra piena di oggetti che fanno comprendere il clima dell’epoca, la sperimentazione sui linguaggi che si faceva, in direzione di un loro rinnovamento».
Divisa in “isole di creatività”, l’esposizione propone in ognuna materiali discretamente rari o di difficile visione. Quelli che colpiscono provengono soprattutto dal circuito delle fanzine: riviste ideate e prodotte da appassionati che spaziavano da semplici fotocopie spillate a pubblicazioni con livelli di intervento grafico oltre che contenutistico estremamente elaborate. A seguire, idealmente, l’esposizione di riviste che sviluppavano un discorso di informazione oltre che di sperimentazione artistica. Come la milanese Decoder, attentissima all’utilizzo sociale delle nuove tecnologie che stavano nascendo in quel periodo. O come Frigidaire, con le sue sperimentazioni nel campo del fumetto e i suoi reportage anticipatari di problematiche sociali e culturali (è suo, per dire, il primo articolo sul dilagare dell’Aids). O, ancora, la bellissima e meno longeva Dolce vita, ideata da Igort, Daniele Brolli e Paolo Cesari, che appare come una summa e un rilancio delle idee presenti proprio su Frigidaire e attive in seno al gruppo Valvoline.
«Nel costruire il percorso, non potevo partire da Francesca Alinovi e dal suo lavoro» dice Lorenza Pignatti, raccontandoci la mostra. «Ho pensato di partire da mie esperienze dirette, come quelle al Tuwat di Carpi, un centro sociale anarchico che oramai non esiste più, ma di cui trovate le locandine dei concerti, alcuni imprescindibili come i primi dei CCCP.»
È in effetti una mostra in cui a parlare sono le immagini, che siano manifesti o locandine, riviste o copertine di vinili, a loro spetta il compito di raccontare il periodo creativo e politico in cui sono state create.
«Però ci ritrovi anche Luigi Ghirri, un autore che tutti lo pensano immerso nei suoi paesaggi rarefatti e metafisici, come fotografo proprio dei CCCP nella casa in cui vivono». In realtà Dilettanti geniali, fa dialogare fra loro giganti che in quel periodo si muovevano sulla scena. E quindi anche Tondelli, che vive a Bologna e permette di agganciarsi al primo nucleo del Cassero, dei movimenti lgbt.
A questi materiali fotografici, il percorso somma tutto un mondo di artisti riuniti in gruppi dove, ancora una volta, si dava spazio a una spinta creativa non monodirezionale. Per esempio, il fiorentino Giovanotti Mondani Meccanici, gruppo artistico multimediale, appare proprio su Frigidaire con il primo fumetto elettronico.
«Alinovi dialoga con Bologna ipotizzando un’altra città, ibrida, interconnessa e interraziale, loro nel 1984, applicano l’uso del computer ai comics, a un’arte popolare». Il senso di Dilettanti geniali è quindi e nuovamente quello di far dialogare materiali di varia estrazione, ma tutti concernenti lo stesso momento creativo storico.
«Infatti la mostra è un percorso soggettivo» afferma Pignatti. «Ognuno potrebbe farne una con altri materiali ugualmente valida. Fatta cioè con qualcosa che ho vissuto e che ho documentato».
Uno fra i passaggi più interessanti dell’esposizione si trova al primo piano. È qui che sono ospitati le opere prodotte dal Bolidismo. «Altra scena difficilissima da raccontare, quella del Movimento bolidista, i cui creatori disegnavano oggetti di design le cui suggestioni derivavano dall’architettura degli anni Trenta e dallo streamline americano». I manifesti teorici stilati dai fondatori nella conferenza dell’86, vengono messi in dialogo con alcune produzioni, quali la sedia Born in flames realizzata da Giovanni Tommaso Garattoni, il tavolo Andalu Andalu di Maurizio Corrado e vari disegni (più una tela di grande formato) di Massimo Iosa Ghini.
Ma i Bolidisti non sono mondo a se stante. Per dire, dialogano attivamente con la scena bolognese dei Valvolinici. Gruppo, quello di Valvoline, che si forma a Bologna nel 1983 «inventandosi un nuovo modo di raccontare a fumetti, di raccontare il disegno stesso».
Tutto nella mostra tende a raccontare la forza dell’interdisciplinarietà. «Questo eclettismo non era superficialità, ma sperimentazione» dice Pignatti, «uscita dalle ortodossie delle scene precedenti. In Italia era ed è visto con un po’ di diffidenza quando nel resto del mondo lo si da come assodato. Qui ogni volta che sei interdisciplinare, non puoi essere altro che superficiale nell’approccio».
E cosa c’è di più interdisciplinare di quanto fa Valvoline su invito della giornalista di costume Anna Piaggi? Illustrano per “Vanity” vari servizi di moda. Portano cioè il disegno in un settore dove lo shooting è da sempre rigorosamente fotografico.
Il connubio moda-fumetto si spinge ancora più avanti con il lavoro di Massimo Osti, graphic designer che contamina i mondi di grafica e arte con quello della moda, ma anche con l’universo del performativo. Quello che William Gibson definisce “Il più grande disegnatore di moda maschile meno conosciuto dal consumatore medio”, creatore di un marchio mondiale qual è CP Company, occupa uno spazio importante nel percorso di Dilettanti geniali. Stessa cosa accade per WP Lavori in corso, che reinventa la comunicazione di moda e la pubblicità grazie sempre al fumetto. Molti suoi house organ ospitano, dal 1986 al 1988, varie incursioni di fumettisti quali Filippo Scozzari, Giorgio Carpinteri, Massimo Iosa Ghini, Marcello Jori ovvero Frigidaireiani, Valvolinici e Bolidisti. Materiali a campione sono esposti nelle teche della mostra sempre al primo piano insieme a un’opera di Iori.
La mostra non si esaurisce però nella sola parte espositiva. Sul sito dedicato è possibile scaricare una fanzine in formato elettronico che contiene vari contributi interessanti, fra cui uno di Fabiola Naldi su Francesca Alinovi, ma anche altri di Lorenzo Miglioli, William Gibson ecc.
Come dice Jumbo Manfredini: «è una protesi della mostra». Protesi che amplifica il senso di un periodo, quello degli anni Ottanta, caratterizzato da pratiche di do it yourself (DIY). Sono proprio queste ultime ad aver permesso il formarsi delle sperimentazioni in campo di varie arti presenti nel percorso espositivo. Tutte capaci di influenzare intere generazioni e di essere viste, oggi, come cariche di spunti e ispirazioni. Altro che nostalgia.