Cosa: 50 anni di Yellow Submarine Chi: Intervista con Franco Nasi, traduttore dell’ambo illustrato
Nel 2018 non cade solo il cinquantenario storico di un anno irripetibile qual è stato il 1968. All’interno dell’anno ci sono infatti vari cinquantenari da festeggiare.
Uno soprattutto racconta un film che molti hanno amato, nato e realizzato il quella data storica, a chiusura anche di un’epoca che possiamo riferire al cotè musicale della pop culture anglosassone prima di tutto, ovvero Yellow submarine. Il film d’animazione viene prodotto per volere del management dei Beatles per chiudere e rispettare un contratto e non per un vezzo puramente artistico. Infatti non è un film amato dal quartetto di Liverpool, che prestano le loro voci e la loro immagine fisica solo nel cameo finale, sui titoli di coda, quando parte il bellissimo tormentone di All togheter now.
In più, la maggioranza delle canzoni che inseriscono nel film non è originale. La stessa Yellow submarine appare in Revolver, album del 1966. Ma, contro tutta questa relativa “ostilità”, il film risulta veramente rivoluzionario anche gli occhi di chi oggi lo vede per la prima volta. Firmato da George Dunning, offre una animazione fluidissima, una narrazione e un tratto psichedelici, una armonia e una ironia magnifica. La fantasia appare realmente al potere, inneggiando oltretutto alla pace, all’amore, come sottolineato dalla canzone All you need is love, anch’essa non originale, visto che appare nel 1967 sul vinile Magical mistery tour.
Comunque sia, per festeggiare i cinquant’anni di Yellow submarine, che in patria sono stati stranamente anticipati con due giorni di proiezioni della pellicola restaurata al 7 e 8 luglio, Gallucci editore ripubblica l’albo illustrato Yellow submarine (pp. 40, €15), contenente le opere di Heinz Edelmann tratte dal film e i testi di Roger McGough ritradotti da Franco Nasi. Al libro, sempre Gallucci affianca un delizioso pop-up leporello dallo stesso titolo (pp.24, €9.90), che nelle sue varie pieghe raccoglie la tridimensionalizzazione di alcuni particolari del film, oltre alle immagini dei quattro liverpooliani cartoonizzate. Anche qui la traduzione si deve a Franco Nasi, professore di Letteratura Angloamericana presso l’università di Modena e Reggio Emilia.
Nasi, il 17 luglio è il giorno esatto del cinquantenario di Yellow submarine?
Sì, esattamente in quel giorno del 1968 il film entra nelle sale cinematografiche.
Ma il film non è stato mai per ragazzi e neanche i libri mi paiono propriamente soltanto per ragazzi. Descrivono un’epoca, sì, anche attraverso i testi di McGough.
Beh, il libro appartiene fisicamente al genere dei picture books. È un libro pieno di immagini con non troppo testo e in teoria è stato creato per essere letto ad alta voce dai bambini in età non scolare. È questa la sua caratteristica.
La lettura ad alta voce?
Certo. Che è anche un vincolo importante nel momento in cui si traduce. Ma Yellow submarine è anche un libro bello per le invenzioni linguistiche curiose. Leggère, infantili e bizzarre, ma sempre affascinanti, che vanno benissimo anche nelle mani degli adulti.
Mi son divertito a leggerlo in originale, quindi spero che anche in traduzione susciti qualche attimo di curiosità.
Lei è stato già un traduttore della poesia di McGough.
Dal 1994 lavoro sulle poesie di Roger McGough, uno dei grandi poeti della Liverpool degli anni Sessanta. In quel periodo c’era un gruppo di poeti amici dei Beatles. Quando la band suonava al Cavern, quindi nella sua fase iniziale, leggevano le loro poesie intervallandole alle canzoni. Poi sull’onda della fortuna del Mersey sound, che prende il nome dal fiume di Liverpool, questi poeti pubblicano una antologia nel 1967, che è stato un caso letterario per Penguin perché vende un milione di copie. E la intitolano proprio Mersey sound.
Ma come si arriva al film?
Era stato voluto moltissimo dal produttore americano Al Brodax, quello di Popeye per intenderci. Aveva firmato con i Beatles, che però non erano molto attratti dal progetto. Lui era invece molto determinato, così ingaggia una serie di sceneggiatori che scrivono la storia. Il via al film lo dà Paul McCartney, ma la storia è rivista un’ultima volta da Eric Seagle, che molti ricorderanno come l’autore di Love story. Era un classicista, insegnava ad Harward, ma scriveva anche cose melense, come appunto Love story. Subito dopo, viene chiamato McGough perché dia credibilità ai dialoghi, che erano stati scritti negli Stati Uniti. E i Beatles con cadenza americana non erano sostenibili. È lui che riporta tutto a quei giochi di parole molto british, allo slang liverpooliano.
Comunque mi pare che attraverso il linguaggio vi sia un filo rosso che lega tutta la filmografia dei Beatles.
Direi che è soprattutto un linguaggio proprio di Liverpool. Ho lavorato con i poeti di quella città e devo dire che ci sono molti aspetti stilistici che accomunano la loro scrittura, la loro musicalità. Il ritmo e i giochi di parola che si trovano nei loro testi, sono vicinissimi a quelli presenti nei testi dei Beatles. È una marca particolare di quella parte di Inghilterra, in quel particolare periodo. Le freddure, l’ironia, il sarcasmo presente nei film e in alcune canzoni del Quartetto, si avvicina molto alla scrittura di MaGough. Sarebbe però difficile stabilire chi ha influenzato chi. Loro erano un gruppo di persone che si frequentavano e collaboravano moltissimo.