Ecco cosa ci ha regalato il primo giorno del festival
Titolo: Future Film festival 2012
Quando: 28 marzo – 1 aprile 2012
Dove: Cinema Lumière
Info: +39 051 2960672 e ffinfo@futurefilmfestival.org
Intensa prima giornata di visioni al Future Film Festival, ospitate dalla Cineteca – Cinema Lumière. IL 28 marzo si è aperto con la prima rassegna di cortometraggi, per il programma FFshort. Dieci opere di sette paesi, per una bella panoramica sullo stato dell’arte. La selezione mostra mondi fantastici …
Ecco cosa ci ha regalato il primo giorno del festival
IN BREVE Titolo: Future Film festival 2012 – Quando: dal 28 marzo – 1 aprile 2012 – Dove: Nei cinema di Bologna – Info: +39 051 2960672 e ffinfo@futurefilmfestival.org
di Giuseppe Marino
Intensa prima giornata di visioni al Future Film Festival, ospitate dalla Cineteca – Cinema Lumière. IL 28 marzo si è aperto con la prima rassegna di cortometraggi, per il programma FFshort. Dieci opere di sette paesi, per una bella panoramica sullo stato dell’arte. La selezione mostra mondi fantastici plasmati su stili visivi estremamente eterogenei, ognuno fortemente caratterizzato e teso a differenti finalità. Alcune segnalazioni: su tutti The Monster of Nix (Francia 2011), di Rosto. Probabilmente la produzione più impegnativa, il corto d’animazione dell’artista olandese può vantare la partecipazione delle voci di Tom Waits e Terry Gilliam ed è già transitato per Venezia ed altri festival eropei; avrebbe forse meritato maggiore visibilità anche qui al Future Film. La struttura di Nix ricalca quella di un breve lungometraggio, dal momento che l’avventura di Willy, ragazzino impegnato a cercare la causa della devastazione del suo villaggio, traccia una storia compiuta, disseminata da incontri con personaggi fantastici, spesso solo tratteggiati e pronti a uno sviluppo più ampio. Fra reminiscenze burtoniane e musica dai sapori balcanici o klezmer, che si sposano ottimamente col timbro inconfondibile di Waits, quella offerta da The Monster of Nix è un’esperienza cupa e affascinante, una favola sulle favole ricca di idee visive e sonore.
Molto particolare anche The Wonder Hospital (USA 2010) di Beomsik Shimbe Shim: un incubo dall’atmosfera lynciana, denso d’angosce e suggestioni, coi temi portanti dell’autorappresentazione e la chirurgia estetica nella sua declinazione più grottesca. Vivre ensemble en harmonie (Belgio 2011) di Lucie Thocaven è un ironico corto in “tecnica mista”, un bizzarro apologo sulla rabbia e le estreme conseguenze della sua deflagrazione, mentre The Tannery (Regno Unito 2010) di Iain Gardner è un toccante racconto animalista dalle struggenti tinte pastello. Year Zero (Olanda 2011) di Mischa Rozema, infine, è un’opera quasi interamente live. La più disturbante e cruda della rassegna, si presenta come una sorta di videoclip apocalittico, fantascienza horror con sentori del Tetsuo di Tsukamoto, in un susseguirsi di quadri infetti, morbosi, scene di un’inquietante invasione aliena, interna ed esterna agli esseri in scena. Notevole la forza visiva delle immagini e degli effetti speciali, Year Zero è una convincente vetrina delle capacità dei suoi autori.
Con pause di handmade cigarettes (trend diffuso, la crisi diffonde il fai da te) sono tre i lungometraggi visti. Children who chase lost voices from deep below (Giappone 2011) è il nuovo lavoro dell’autore di 5 Centimetri al Secondo, Makoto Shinkai. La volontà di proporsi come nuovo Miyazaki è evidente, e tutto sommato la cosa sembra riuscirgli meglio che a molti adepti nello Studio Ghibli. Il tema portante è nel dolore per la perdita e la sua accettazione, ma nel film di Shinkai c’è più o meno di tutto: richiami ecologisti, riti di rinascita, storie d’amore, il mito orfico, un gattino buffo, pacifismo, scene elegiache, luci e ombre. Il riferimento più diretto, tornando a Miyazaki, è Mononoke, di cui si ritrovano anche i colori, le fattezze di alcune creature, l’animismo, la rappresentazione degli scontri cruenti. Ma proprio la moltiplicazione dei temi e gli scenari non permettono a Shinkai d’eguagliare il capolavoro di Hayao, restituendo un film bello da vedere ma non del tutto coinvolgente, piuttosto superficiale, tutto sommato troppo ingenuo e imperfetto rispetto quelle che sono le sue aspirazioni. Le visioni fantastiche sono comunque affascinanti, molto accurate nel disegno – in particolare per quel che riguarda i paesaggi e i dettagli di ambienti naturali e antiche rovine; meno riuscite sembrano le caratterizzazioni “umane” – ed è un film apprezzabile in un periodo in cui l’animazione giapponese non sembra offrire opere di grande respiro e originalità.
Alois Nebel (Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Germania 2011) di Tomàs Lunàk è la trasposizione dell’omonima graphic novel. L’atmosfera noir è assicurata dalla scelta del b/n unita ai contrasti netti dati dal passaggio al rotoscopio. Alois Nebel è controllore in una piccola stazione dei treni nei Sudeti, regione montuosa al confine cecoslovacco, l’anno e il 1989, quello della caduta del muro. Fra allucinazioni del passato, rievocazione di un passaggio storico e costruzione di nuovi affetti, il film di Lunàk procede secco e affilato, tratteggiando pochi personaggi e portando lo spettatore in un mondo colore del piombo, spazzato dalla pioggia e la neve bianca.
Chico & Rita è l’ultimo film della serata, una produzione spagnola del 2010 firmata Tono Errando, Javier Mariscal e Fernado Trueba. “Il futuro non mi ha mai dato niente. Tutte le mie speranze sono riposte nel passato” è la frase fulminante, che indica quale sia lo spirito di Chico & Rita. A pronunciare queste parole è Rita, una bellissima cantante che ne L’Avana del 1948 comincia una travagliata e lunga avventura romantica con Chico, talentuoso pianista jazz. Il film è jazz, è blues, è la musica di Bebo Valdés e i disegni caldi e leggeri dai netti contorni neri, è nostalgia e occasioni perdute, è vanità, tradimento e amore incondizionato.