L’ingranaggio e la sua evoluzione nella mostra fotografica “I mondi dell’Industria”
Chi: MAST – Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia
Cosa: mostra “I mondi dell’Industria”
Dove: Mast, via Speranza, 42 Bologna
Quando: 7 ottobre – 31 dicembre, mart-sab 10-19
Costo: ingresso gratuito
di Erika Gardumi
Ingranaggi, colate di acciaio liquefatto e ciminiere che si stagliano contro cieli rarefatti. Fotografie in bianco e nero che ritraggono la potenza e la precisione dai contorni netti di un mondo industriale che si va assottigliando con il passaggio dall’ingranaggio al chip, ma che non perde in nessun caso la sua estrema definizione…
L’ingranaggio e la sua evoluzione nella mostra fotografica “I mondi dell’Industria”
IN BREVE Chi: MAST – Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia Cosa: Mostra “I mondi dell’Industria” Dove: Mast, via Speranza, 42 Bologna Quando: 7 ottobre – 31 dicembre, mart-sab 10-19 Costo: ingresso gratuito Photo: Henrik Spohler ©
di Erika Gardumi
Ingranaggi, colate di acciaio liquefatto e ciminiere che si stagliano contro cieli rarefatti. Fotografie in bianco e nero che ritraggono la potenza e la precisione dai contorni netti di un mondo industriale che si va assottigliando con il passaggio dall’ingranaggio al chip, ma che non perde in nessun caso la sua estrema definizione. Di definizione in definizione, la mostra “I mondi dell’industria” ospitata nel nuovo complesso MAST, decide di presentare l’industria al vasto pubblico definendola attraverso il linguaggio della fotografia (semi) artistica, ma lasciando trapelare la convinzione che l’auto-evidenza ponderale del meccanismo si presti agli occhi senza bisogno di grande re-interpretazione (artistica, soprattutto).
O meglio, la re-interpretazione è solo motivazione d’insieme, una chiave di lettura racchiusa nella constatazione che “in alcune circostanze si allude all’industria come alla zona d’ombra della società”, ingiustificata giustificazione per cui “per decenni le foto delle fabbriche sono state trattate con totale indifferenza”. Anche se non è proprio così netto il rifiuto dell’industria da parte dell’arte (si pensi semplicemente alle avanguardie degli anni ’20), è sicuramente interessante vedere come si è scelto di costruire oggi l’esegesi del mondo industriale. Oggi che ci facciamo chiamare società post-industriale, oggi che si discute di crisi e decrescita, oggi che i consumi tendono a personalizzarsi sempre di più.
La risposta è sempre lì, alla radice di tutto: ed è un semplice ingranaggio. Qualcosa che non possiamo rinnegare perché – intuiamo – le tecnologie più avanzate gli sono ancora debitrici e “l’universo della produzione industriale fornisce una chiave di lettura preziosa della nostra vita, del nostro pensiero e delle nostre attività”. Ecco quindi che “I mondi dell’Industria”, esposizione curata da Urs Stahel per il MAST, inizia con un ingranaggio. O meglio con una serie di ingranaggi. Rotelle affiancate sincronizzate che formano un tunnel nero dove segni fluo spezzettati ruotano a ritmo in attesa di riconvergere. Una magia di luci che cattura grandi e bambini: “banale” miracolo dell’ingranaggio.
Si apre poi una sala dove è possibile manualmente costruire o utilizzare alcuni semplici (ma geniali) meccanismi, mentre tutto intorno i monitor si preoccupano di tranquillizzarci sulla crisi della produzione, confidandoci i segreti dell’industria per il futuro: innovazione e diversificazione. L’imprinting è concluso, arriviamo così alla mostra vera e propria forgiati nella prospettiva e pronti a scomporre la complessità in piccoli ingranaggi ben funzionanti. La raccolta conta 180 opere di 48 fotografi con immagini provenienti da un lasso di tempo che va dagli anni ’10 ad oggi, con grande prevalenza del bianco e nero.
A tratti sovietica nella celebrazione dell’efficienza, a tratti romantica nel raccontare il “sublime” della maestosità, a tratti cubista nell’intento di scomposizione tramite chiaroscuro. L’esposizione nasce da una selezione delle opere della collezione di Fotografia Industriale della Fondazione MAST e si articola in cinque sezioni.
L’essere umano appare di tanto in tanto nelle fotografie, ma spesso ne è un elemento secondario. Forse è egli stesso un ingranaggio, non più importante di altri. Ho trovato particolarmente straniante una fotografia di un’area industriale dai toni stinti, con una bambina bionda in primo piano che non guarda nemmeno in camera e sembra in posa per farci pensare quanto il cemento di un’epoca lontana soffocava il gioco dei bambini. La sensazione in realtà è che i ruoli siano invertiti: la bimba è il paesaggio, il soggetto è la fabbrica sullo sfondo, con la sua ciminiera fatta di produzione e speranza, in primo luogo per la bambina stessa.
Non è una fotografia che urta la sensibilità, semplicemente constata uno shift di prospettiva. Parla di quella promessa di benessere che il mondo industriale non vuole rinunciare a raccontarci, e non solo per garantirsi la nostra fiducia nel momento di consumare. La fiducia nella tecnica è positivisticamente fonte di certezza per l’uomo e nonostante tutti i nostri incubi post-moderni vuole continuare ad esserlo, anche con la faccia amichevole di un robot antropomorfo – se necessario – come sembra suggerire la mostra nei suoi ultimi scatti dedicati alla contemporaneità.
Una bella mostra, da vedere con occhi moderni (e ne apprezzerete la fiducia e la bellezza) e con sguardo post-moderno (e potrete decidere se l’ingranaggio è sufficientemente magico per condurci con successo in un futuro incerto) in attesa che l’intero complesso MAST sia in funzione e ci parli di come saranno concepiti i Servizi nel futuro prossimo.