IN BREVE Cosa: Street Art – Banksy & Co. L’Arte allo stato urbano Quando: dal 18 marzo 2016 al 26 giugno 2016 Dove: Palazzo Pepoli. Museo della Storia di Bologna. Via Castiglione 8, Bologna Costo: intero 13 euro Info: Genus Bononiae Photo Credit della testata: Jgor Cavallina
Arriva finalmente a Bologna una delle esposizioni più contestate di sempre, quella sulla street art. La mostra intitolata “Street Art – Banksy & Co. L’Arte allo stato urbano” e curata da Luca Ciancabilla, Christian Omodeo e Sean Corcoran sarà aperta dal 18 marzo fino al 26 giugno a Palazzo Pepoli.
Un dubbio è sorto nelle menti di molti: sarà giusto prendere la street art e metterla dentro un museo? Non sarà che in questo modo la street art rischia di perdere la sua essenza, ciò che è necessario per renderla arte?
Il dubbio appare lecito sotto diversi aspetti. Buona parte della street art nasce e si sviluppa come forma d’espressione ribelle, spesso antagonista. Che succede se l’antagonismo diventa mainstream? Accade che antagonismo più non è. Ed ecco che l’antagonista ne soffre. Gli strappano il gioco dalle mani, per farne un prodotto da vendere su larga scala, per di più con un discreto successo.
Ericailcane, uno dei writer più rilevanti sulla scena, a riguardo l’ha toccata piano scrivendo sul suo sito e sulla sua pagina Facebook questo testo “Per tutti quelli che non rispettano il bene comune ed il lavoro altrui capaci solo di rubare e vivere da parassiti” che introduce un disegno con scritto “ZONA DERATTIZZATA, area bonificata da tombaroli ladri di beni comuni sedicenti difensori della cultura, restauratori senza scrupoli e curatori prezzolati, massoni, sequestratori impuniti dell’altrui opera d’intelletto adepti del dio denaro e loro sudditi”. Il tutto accompagnato da un bel topone incravattato che stacca mattoni da un muro. Ericailcane si riferisce al fatto che più di un’opera è stata staccata dal muro dove era stata fatta. Per proteggerla e conservarla, dicono gli autori dell’operazione. Non proprio della stessa opinione l’autore di alcune delle opere sottratte alla strada.
Accuse di furto a parte, l’arte ribelle non vuole essere istituzionalizzata. Poco tempo fa Blu è andato a oscurare due famosi ed enormi graffiti a Berlino perché il quartiere in cui li aveva fatti si stava imborghesendo. Forse a tanti street artist non interessa granché che la loro arte venga conservata, almeno se ciò significa che debba essere venduta da terzi.
Un altro elemento su cui riflettere è che le esposizioni sulla street art non sono certo una novità. Tanto per dirne una, al MOCA di Los Angeles nel duemilaundici ne fecero una davvero interessante, “Art in the streets“, che copriva tutto lo sviluppo della street art, dai primi tag fino agli (allora) ultimi Banksy, Invader, Obey e compagnia. Tre anni prima, una mostra (anche se meno comprensiva) veniva dedicata alla street art alla Tate di Londra.
Per dire che forse non è così assurdo fare una mostra sulla street art, piuttosto ci sarebbe da rimproverare che ci siamo arrivati un po’ tardi. Una forma d’espressione così potente, diffusa e varia che non avrebbe senso ignorarla, anzi sarebbe un peccato. È però ampiamente discutibile l’operazione di rimozione delle opere dalla strada senza l’autorizzazione degli artisti. Probabile che buona parte dell’avversione al progetto dipenda da queste operazioni. Se davvero si voleva conservare le opere, non si potevano contattare gli autori, che sono ben noti? Quanto all’istituzionalizzazione di un’arte ribelle, se davvero fosse questo il problema, sta agli artisti riuscire a trovare un nuovo modo d’espressione, per sottrarsi al processo di normalizzazione.