“Figli di un Dio minore” commuove il Duse

Figli-di-un-dio-minore duse list01

Recensione dello spettacolo di Marco Mattolini, che convince per coraggio e forza

 

Figli-di-un-dio-minore duse list01

Cosa: recensione dello spettacolo “Figli di un dio minore”
Dove: Teatro Duse
Quando: 27-29 novembre 2015

 

di Cristian Tracà

 

Il Teatro Duse apre anche quest’anno la sua ribalta alla disabilità e ai testi che con forza costringono il pubblico a riflettere un po’ di più sull’inclusione e sulle sfide che questa pone quotidianamente…

Recensione dello spettacolo di Marco Mattolini, che convince per coraggio e forza

  

Figli-di-un-dio-minore duse slide01

 

IN BREVE  Cosa: recensione dello spettacolo “Figli di un dio minore”  Dove: Teatro Duse  Quando: 27-29 novembre 2015

 

di Cristian Tracà

 

Il Teatro Duse apre anche quest’anno la sua ribalta alla disabilità e ai testi che con forza costringono il pubblico a riflettere un po’ di più sull’inclusione e sulle sfide che questa pone quotidianamente alla società. Dopo esperienze come quella di Rainman, il teatro del centro storico ha puntato fortemente su Figli di un Dio Minore, andato in scena nell’ultimo weekend (27-29 novembre, ndr), con un grandissimo gradimento di pubblico.

Dello spettacolo a firma Mattolini, sul testo di Mark Medoff, lontano dalle scene italiane dall’unicum del Festival dei Due mondi di Spoleto del 1980, ma che ha abbracciato il grande pubblico attraverso la trasposizione cinematografica del 1986 (che valse anche Oscar e Golden Globe alla protagonista femminile, Marlee Matlin), la platea ha apprezzato la scelta di scavare in fondo, senza cadere mai nella commiserazione e nell’indulgenza dell’integrazione.

Il montaggio narrativo veloce, quasi da prodotto televisivo, è alleggerito anche per merito di un’architettura di scena articolata ma essenziale, un Ikea style che permette a due panchine bianche di acero di plasmarsi in albero da corteggiamento, letto a due piazze, bancone da bar, banchi scolastici. Per nulla tenue è invece il discorso che, dentro e fuori le righe del testo, si dipana sui meandri dei codici, del metalinguaggio, sul filo che lega e separa inclusione e integrazione.

Giorgio Lupano interpreta con sicurezza e credibilità il ruolo di un logopedista capace e affascinante, alle prese con le diverse sensibilità di ragazzi sordi, tra dinamiche di relazione e di potere che attraversano e hanno attraversato la comunità sorda, tra Deaf power e diaframma tra segnanti e non segnanti. E’ lui il protagonista, il centro del discorso, ma non della storia, tra momenti da Peter Pan, che fa visita a Wendy volando sulla sua finestra o saltellando su sassi immaginari, e acrobazie di una sensualità che non rinuncia al corpo e ad un linguaggio forte e diretto che agli istinti rimanda senza indugio.

Rita Mazza, co­protagonista non udente, interpreta tra leggerezza e intensità la storia di una ragazza ribelle, rifiutata dai genitori per la sua disabilità ma non dai desideri degli uomini, in lotta contro il mondo per gridare la sua verità, con l’unica differenza che il suo grido vuole sciogliersi in gesti, senza essere rimodulato in voce. In un crescendo emotivo il testo crea il momento di massima intensità proprio nell’esplosione della rabbia e dello scontro, senza premi di consolazione: gli handicap sono ostacoli che si incontrano, e spesso l’organizzazione dello spazio, il pensiero del mondo risponde solo alla visione della cosiddetta maggioranza.

Udenti e non udenti vivono il palcoscenico integrando alla perfezione le proprie specificità espressive. Raccontano una storia, ma in fondo è un collage di storie. Lo spettacolo ha il pregio di aprire gli occhi alla vitalità dei sordi, accorsi in massa per assistere ad uno spettacolo che fa luce su un mondo conosciuto solo superficialmente. Il pregio principale del testo e della messinscena sta tutto nello sfatare alcune leggende sulla sordità: il pensare che sia una patologia legata all’orecchio, il legame erroneo tra sordità e mutismo come handicap permanenti (con quella terribile nomenclatura di sordomuto che si appiccica spesso sui corpi dei non udenti), i mondi che si celano dietro la scelta di segnare o non segnare.

La diversità è talvolta irriducibile: una bella storia di sensualità e di amore non riesce ad abbattere tutte le barriere. Ogni persona è un mondo e in alcuni casi dei tentativi artificiali di riduzione del disagio possono scatenare forme di violenza ben peggiori rispetto alla stessa disabilità. Il sipario si chiude attorno a questi nuclei delle nuove forme del pensare la disabilità. Non spazza via le differenze ma ci lascia con un pubblico che applaude con i gesti tradizionali e con i segni del LIS.

Prossimi appuntamenti da non perdere al Teatro Duse: Sarto per signora con Emilio Solfrizzi (4-6 dicembre), una versione particolare del Decamerone interpretata da Stefano Accorsi (11-13 dicembre), I suoceri albanesi con Francesco Pannofino (18-20 dicembre).

2 dicembre 2015

 

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here