La recensione dell’ultimo spettacolo di Andrea Adriatico ispirato a Petrolio
Cosa: Is Is Oil, recensione
Chi: regia di Andrea Adriatico
di Cristian Tracà
Is Is oil, l’ultima produzione di Teatri di Vita andata in scena nelle scorse serate, risulta suggestivo già dall’operazione culturale che viaggia tra le onde del titolo; uno spettacolo di quelli che non si dimenticano facilmente.
La recensione dell’ultimo spettacolo di Andrea Adriatico ispirato a Petrolio
IN BREVE Cosa: Is Is Oil, recensione Chi: regia di Andrea Adriatico Info: sito di Teatri di Vita
di Cristian Tracà
Is Is oil, l’ultima produzione di Teatri di Vita andata in scena nelle scorse serate, risulta suggestivo già dall’operazione culturale che viaggia tra le onde del titolo; uno spettacolo di quelli che non si dimenticano facilmente. Ci si può dividere sul taglio narratologico, ma l’immaginario dello spettatore teatrale non può non essere scalfito. Impresa non facile nell’epoca dell’ipersaturazione dell’immagine.
Andrea Adriatico gioca con il testo complesso di Pier Paolo Pasolini, Petrolio, e ne sfrutta le potenzialità enormi di stratificazione multilivello creando un disegno di scena sorprendente. La virtù principale della realizzazione è sicuramente l’ambientazione: il salotto degli intrallazzi romani diventa un impianto olistico in cui cade la separazione tra pubblico e spettatori, tra persone e personaggi. Tra Cluedo e il giallo, un po’ vintage e un po’ personaggi in cerca d’autore.
In uno spettacolo che ruota in maniera preponderante sul concetto di doppio e di identità, avviene la frammentazione costante, la scissione, la ricomposizione dolorosa e ferita: narratore/autore, conscio/inconscio, voce in campo e voce fuori campo, maschile e femminile. Tra Pasolini e Pirandello si gioca la cifra più squisita del migliore Novecento artistico e culturale italiano, a cornice di una storia che presenta ancora troppi irrisolti, troppi buchi neri.
L’Eni, la stampa, il Medio Oriente, il consumismo del boom nelle sue relazioni più controverse con la sinistra italiana, con il PCI dell’egemonia e della paura del piacere. Una ricostruzione densa e intricata, in una narrazione, e questo è il principale difetto, che non lascia mai posto all’interazione teatrale strictu sensu. È il magma del pensiero pasoliniano a prevalere sull’azione. È una viscosità che fa sentire tutto il peso della forma testuale.
Nonostante il limite, che ogni tanto emerge, della lettura animata, lo spettacolo ha una sua piacevolezza indubitabile: non fosse altro per il caleidoscopio di immagini create, come nella scena di chiusura finale, quando un cielo azzurro magnifica il lieto fine, a valle di un percorso di lacerazione che deve conoscere la liberazione dalla gabbia della forma e del genere per poter approdare alla libertà.
Il gioco di rimando, già dal titolo, risulta un tantino forzato, non cogliamo segni di apertura verso un ipertesto naturale: non maturano i germi per scolpire l’analessi storica, nonostante ci si trovi davanti ad un autore preconizzatore della contemporaneità. La scrittura rimane comunque di grande respiro e inghiotte al suo interno gli attori che si sacrificano a voce dell’autore, quasi in un gioco di sottrazione interrotto solo da qualche acuto visivo.
Il pubblico si è accostato con entusiasmo alla proposta di Teatri di Vita ed è stato necessario programmare uno spettacolo in più per accogliere parte del pubblico che non aveva trovato posto, complice anche una scelta scenografica particolare, tipica di Adriatico, che limita il numero di spettatori per replica.
Lo spettacolo fa parte del variegato progetto che Bologna dedica a Pasolini in occasione del quarantennale della morte, che decorre oggi, 2 novembre 2015.