Due anticipazioni del festival: in apertura Amy Winehouse e McQueen
Cosa: I due film di apertura del Biografilm Festival – International Celebration of Lives – 11^ edizione
Dove: Bologna: Cinema Arlecchino, via Lame 57; Cinema Jolly, via Marconi, 14
Quando: da venerdì 5 a lunedì 15 giugno 2015
Costo: spettacoli fino alle 18.00 € 6; dalle 18.00 € 8
di Sergio Rotino
Ora proviamo ad andar dentro ai due titoli che aprono il Festival e che solo una manciata di eletti potranno vedere…
Due anticipazioni del festival: in apertura Amy Winehouse e McQueen
IN BREVE Cosa: I due film di apertura del Biografilm Festival – International Celebration of Lives – 11^ edizione Dove: Bologna: Cinema Arlecchino, via Lame 57; Cinema Jolly, via Marconi, 14 Quando: da venerdì 5 a lunedì 15 giugno 2015 Costo: spettacoli fino alle 18.00 € 6; dalle 18.00 € 8 Info: Biografilm
di Sergio Rotino
Abbiamo definito “gargantuesco” il programma dell’undicesima edizione del Biografilm festival e già dato qui una corposa anticipazione di quanto attende gli appassionati e i curiosi di questa manifestazione che da sempre vuol essere la rappresentazione plastica della Celebrazione internazionale delle vite di tutti. Ora proviamo ad andar dentro ai due titoli che aprono il Festival e che solo una manciata di eletti potranno vedere perché incastonati nel Galà di inaugurazione e nell’evento di apertura strettamente a invito o su prenotazione. Parliamo di Amy. The girl behind the name, il nuovo film dell’inglese Asif Kapadia a due anni dall’ottimo Senna, e di Steve McQueen: The man & Le Mans, opera a quattro mani dei registi Gabriel Clarke e John McKenna. Da dire che dal McQueen raccontato in questo film il Festival trae l’immagine guida di questa edizione.
Ma il film è un ricordare i fasti della vecchia Hollywood, della fetta meno accomodante? Di sicuro è un omaggiare una figura mitica, appannata come tante altre dallo scorrere tempo.
In effetti di Steve McQueen non è che si senta parlare poi più di tanto.
L’ultima volta che il suo nome è tornato fuori lo ha fatto Alberto Prunetti dalle pagine del suo romanzo, Amianto, uscito qualche mese fa per la casa editrice Alegre. Se non ci avesse pensato questo narratore a rispolverarla, anche se in una ottica di denuncia contro le morti di cancro dovute alle fibre tossiche prodotte appunto dall’amianto, sarebbe stata una sorpresa ancora più grande ritrovarci davanti a un documentario su questa icona del cinema hollywoodiano fra anni Sessanta e Settanta.
È quindi magnifico che l’edizione 2015 del Biografilm festival, dal 5 al 15 giugno quasi interamente proposta nell’area della Cineteca di Bologna, abbia scelto come immagine guida non quella della tragicamente talentuosa Amy Winehouse, ma quella del divo dagli occhi di ghiaccio. Che era bello e spavaldo, ma soprattutto un puro estratto della working class statunitense. “Uno che sapeva impugnare il flessibile e la saldatrice” scrive Prunetti. “Che sapeva fare il piastrellista e il coibentatore delle navi mercantili. Un duro, un mito americano, in fuga dalla fabbrica fino alle vette dei teatri di posa californiani”. Un caratteraccio, un antieroe, stroncato a soli cinquant’anni dal mesotelioma contratto per esposizione all’amianto.
Sulla figura di questo attore cresciuto durante una delle più intense stagioni cinematografiche Gabriel Clarke e John McKenna costruiscono il loro Steve McQueen: The man & Le Mans, opera presentata all’ultimo festival di Cannes e, come detto, scelta dal Biografilm 2015 per il Gala di inaugurazione del 3 giugno presso l’Unipol Auditorium di via Stalingrado. Ad Asif Kapadia col suo Amy. The girl behind the name viene invece lasciato lo scettro di “Evento di apertura”. In altre parole spetterà ad Amy, proposto in anteprima italiana con una proiezione riservata ai Biografilm follower e agli ospiti del Festival inaugurare l’XI edizione venerdì 5 giugno, alle 20, presso il Cinema Arlecchino di Bologna. Dopo di che verrà distribuito nelle sale il 15, 16 e 17 settembre da Nexo Digital e Good Films, a ridosso del compleanno della cantante (14 settembre 1983).
Vedere queste due pellicole spinge a riflettere sul significato dell’essere stati un mito nel campo delle arti e sulla caducità sempre più rapida di un simile status nella contemporaneità. Ma è un’idea su cui varrebbe la pena di approfondire il discorso successivamente. Importa invece sapere adesso che Clarke e McKenna non hanno puntato sull’agiografia di McQueen. Hanno invece preferito focalizzare l’attenzione sul racconto di cos’è stato l’attore e l’uomo per (e in) Le Mans, film del 1971 diretto da Lee H. Katzin.
Conosciuto da noi col titolo di Le 24 ore di Le Mans, la pellicola è forse la vera consacrazione a icona cinematografica per l’attore dell’Indiana. Appassionato di corse automobilistiche e motociclistiche, decide di produrre di tasca propria un film che ne mostri l’epica assolutamente virile, ma cancellando dal suo orizzonte i diktat dell’industria cinematografica. Quindi «nessun escamotage hollywoodiano: nessun colpo di scena orchestrato ad arte, niente lieto fine». Al loro posto una intuizione assolutamente bizzarra per l’epoca: spezzoni girati durante la corsa, usando il filmato delle tre macchine da presa installate sull’auto del protagonista. Ne esce fuori Le Mans, che è epico proprio perché tiene gli occhi costantemente puntati sulle dinamiche della corsa, sull’evento sportivo, sulle tensioni che procura e da qui sul suo continuo mettere in dialogo vita e morte. È questo che interessava a McQueen come attore e come produttore, a tal punto da entrare in conflitto con John Sturges, il primo e più famoso regista del film, il quale abbandona il set per incompatibilità di visione. Clarke e MacKenna raccontano Le Mans pescando a piene mani dal girato inedito di Katzin, che mostra i dietro le quinte della corsa del 1970.
Ma il lungometraggio si carica anche di un’epica “tragica”, quando mostra le difficoltà che sempre McQueen incontra nella realizzazione della sua visione di un film ambientato nel mondo delle corse automobilistiche. Quindi i tempi di produzione che si allungano a causa dell’abbandono di Sturges, la mancanza di liquidità che lo colpisce produttivamente e gli fa rischiare la bancarotta, la crisi che irrompe nel legame con la sua prima moglie l’attrice Neile Adams, gli incidenti sul set, l’essere preso di mira dalla setta di Charles Manson. Tutti eventi che trovano il loro apice nello scarso successo della pellicola ai botteghini. Pubblico e critica la riconosceranno come uno degli esiti migliori per quanto riguarda i racing car movie solo decenni dopo.
Clarke e MacKenna arricchiscono le quasi due ore di Steve McQueen: The man & Le Mans inserendo varie interviste esclusive, come quelle rilasciate da David Piper, pilota inglese che perse una gamba proprio durante le riprese del film; dal cinque volte vincitore della corsa, Derek Bell; dalla coprotagonista Sigi Rauch e da Chad McQueen, figlio di Steve. Ognuno parla del film, ma soprattutto aggiunge un tassello personale alla figura dell’uomo e dell’attore McQueen.
Ed è forse qui che possiamo rintracciare l’unica vera pecca del documentario. Cioè il suo essere a conti fatti troppo elogiativo, troppo rapido nell’edulcorare il lato arrogante dell’uomo McQueen. Ma, alla fine, siamo davanti al “ritratto dell’eroe”, dove la completezza non riesce a mettersi alla pari con l’ammirazione, qui palpabilissima e la pecca risulta comprensibile quanto scusabile.
I novanta minuti di Amy. The girl behind the name, il documentario firmato Asif Kapadia che apre il Biografilm 2015, sono forse l’unico modo per raccontare la persona dietro la voce, e non solo la vita disordinata e la morte prematura della cantante Amy Winehouse avvenuta all’età di 27 anni, nel 2011, probabilmente per avvelenamento da alcool. Ovvio che il personaggio venga rappresentato, ma in buona sostanza il regista inglese offre allo spettatore minuti che mostrano, unicamente mostrano. Minuti che non spiegano nulla perché non lo vogliono fare.
Kapadia che due anni fa aveva molto colpito con Senna, un’altra biografia, lascia che a parlare siano le molte immagini e i tanti filmati d’archivio, spesso inediti, che ritraggono la cantante di Back to black e le parole delle sue canzoni. Attraverso questo montaggio prova a catturare “lo spirito del tempo” e creare un percorso che mostri non ambiguamente la fragilità insita nella Winehouse come in buona parte degli appartenenti alle ultime generazioni.
«Questo è un film su una persona che desidera amore e non sempre ne riceve» dice il regista. Kaspadia con Amy – presentato anch’esso all’ultimo Festival di Cannes ma nel Fuori Concorso – cerca di capire chi era questa giovane cantante dalla voce roca e graffiata, vincitrice di ben sei Grammy award, più che raccontarne la velocissima parabola nello stardom. E lo fa ponendosi davanti ai testi delle canzoni scritti da Winehouse, al loro autobiografismo. Cerca cioè di trovare la connessione fra le parole, fra i concetti che in essi vengono espressi. Anche perché la cantante li usava come forma di terapia, come un filtro che le permettesse di esprimersi verso l’esterno, verso il mondo. Ne esce fuori un ritratto di Amy Winehouse come di una persona fragile, senza difese. A un certo punto nel documentario qualcuno le chiede «Pensi che diventerai molto famosa?». Lei risponde laconica: «Non lo so. Alla fine non credo che lo diventerò. Non credo di riuscire a gestire la notorietà. Probabilmente impazzirei». Il che, come tutti sanno, avviene nel pieno silenzio di chi le sta attorno. Un silenzio carico di indifferenza, rotto solo dopo. Quando ci si deve spartire la torta.
[Qui la recensione dedicata ad Amy]
CHI E DOVE IN PROGRAMMAZIONE
Cinema Jolly
Gabriel Clarke e John McKenna, Steve McQueen: The man & Le Mans
Giovedì 11 giugno, ore 19.30
Martedì 16 giugno, ore 21.30