Recensione di Biglietti da camere separate

Biglietti da camere separate recensione list01

Una nuova coppia di attori per l’omaggio di Andrea Adriatico a Pier Vittorio Tondelli 

 

Biglietti da camere separate recensione list01

Cosa: recensione dello spettacolo “Biglietti da camere separate”
Quando: dall’11 al 16 febbraio 2014
Dove: Teatri di Vita, via Emilia Ponente, 485

di Cristian Tracà

 

Un testo a trazione necessariamente narrativa, considerato l’archetipo di partenza, un reading che sembrerebbe fare a pugni con l’esigenza di teatralità che le tavole del palcoscenico ci hanno abituato a pretendere dalla rappresentazione, ma che, grazie ad una corporalità prepotente, incardina la schermaglia dei sensi…

Una nuova coppia di attori per l’omaggio di Andrea Adriatico a Pier Vittorio Tondelli 

 

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IN BREVE  Cosa: recensione dello spettacolo “Biglietti da camere separate”  Quando: dall’11 al 16 febbraio 2014  Dove: Teatri di Vita, via Emilia Ponente, 485

 

di Cristian Tracà

 

Un testo a trazione necessariamente narrativa, considerato l’archetipo di partenza, un reading che sembrerebbe fare a pugni con l’esigenza di teatralità che le tavole del palcoscenico ci hanno abituato a pretendere dalla rappresentazione, ma che, grazie ad una corporalità prepotente, incardina la schermaglia dei sensi nel gioco visivo della scena: nonostante la narratologia fortemente ostile alla drammatizzazione il ritorno di Biglietti da camere separate a Teatri di Vita riesce ancora una volta a restituire la grandezza di un testo che col passare degli anni conferma la sua lungimiranza nel far emergere una storia che acquista sempre di più i requisiti della Storia.

Sarà per l’atmosfera culturale staffettista, o più probabilmente per una voglia di sperimentare con nuove traduzioni corporee una regia ad impronta molto forte, nel nuovo passaggio sul palcoscenico del teatro di via Emilia Ponente, per l’occasione ancora più minimal, il regista Andrea Adriatico sceglie due interpreti diversi rispetto al passato. Mantenendo l’impianto precedente della costruzione narrativa i nuovi protagonisti prestano voce, istinti e tensioni fisiche ai personaggi di Leo e Thomas, amanti che vivono la loro condizione tra slanci e dubbi, tra avvicinamenti e allontanamenti, nella ricerca di fragili equilibri al di là dell’inalienabile disillusione che porta alla consapevolezza della solitudine.

Il remake lancia quasi inconsciamente un confronto a distanza con la precedente vita del testo: il rapporto tra i due nuovi attori se, da una parte, convince per una maggiore omogeneità della coppia nei momenti della rappresentazione della relazione, invece, dall’altra parte, paga lo scotto di una discesa profonda in una partecipazione profondamente immersiva; in qualche passaggio i novelli protagonisti scontano la fatica della narrazione con episodici e istantanei blocchi del flusso naturale del linguaggio.

Una mancanza più forte è, stavolta a livello di messinscena, nella sospensione di quella che era stata una scelta fortemente evocativa nella precedente rappresentazione: lo spegnersi delle luci sui corpi silenziosi nella solitudine del loro raggio d’azione personale, senza che ci fosse ancora quel dibattersi precedente dei ventilatori a segnalare quella ricerca dell’altro anche oltre le barriere del tempo, non concede luci e aliti di speranza: una pietra tombale, cinica e spietata sulla fine di un mondo.

Al di là di tutto rimane l’ammirazione per un Tondelli filtrato da una bella regia di Adriatico che riesce ad alternare la vivida descrizione delle passioni ad un lirismo monodico acuto, in cui aleggiano i fantasmi dell’alienazione, della malattia e della morte. Un amore che non trova soluzioni (le camere separate non sciolgono il dramma) su un viale del tramonto ben suggerito da una recitazione che gioca molto con la voce e con il corpo.

Molto suggestive le scelte musicali (dall’intro sulle note di Emilia paranoica a We can’t live together di Joe Jackson) e il disegno delle azioni rarefatte attorno a qualche piccola impennata narrativa dei frammenti sparsi del reading, come se nel frammento ci fosse la cifra eloquente del discorso che non riesce a ingabbiare il tutto e si deve accontentare solo del particolare e della descrizione degli attimi.

18 febbraio 2014

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