IN BREVE Chi: i cittadini di Bologna Cosa: Referendum consultivo Quando: domenica 26 maggio dalle 8 alle 22 Dove: Bologna, vedi mappa Info: Pro A, Pro B
Il 26 maggio a Bologna si vota per il quesito referendario sulla scuola d’infanzia. Come in ogni dibattito politico che meriti le luci della ribalta, si va avanti da giorni e mesi contrapponendo tesi diverse, senza che si riesca a capire quali sono i fatti e quali le opinioni. Facciamo un po’ di chiarezza.
Il testo del referendum consultivo del 26 maggio
Quale fra le seguenti proposte di utilizzo delle risorse finanziarie comunali che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuole d’infanzia paritarie a gestione privata ritieni più idonea per assicurare il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alla scuola dell’infanzia?
a) utilizzarle per le scuole comunali e statali
b) utilizzarle per le scuole paritarie private
Per intenderci, si parla di un milione di euro all’anno che viene dato dal Comune alle scuole private dell’infanzia.
Scuola d’infanzia, scuola pubblica e Costituzione
Il primo punto da chiarire è che si vota per la scuola dell’infanzia, non per le scuole dell’obbligo. Questo viene ribadito molto spesso dal Sindaco e dagli altri sostenitori della B. A questo e a molti altri argomenti i sostenitori della A replicano citando l’articolo 33 della Costituzione, con particolare accento sul terzo comma: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”.
L’argomento dei bambini lasciati a casa
A questo punto si scontrano l’ideologia supportata dalla Costituzione dei sostenitori della A con l’argomento preferito del comitato per la B, l’argomento dei “bambini lasciati a casa”. Lasciando da parte per un momento la questione se sia possibile stiracchiare la carta costituzionale per riuscire a spingere l’equipollenza menzionata nel comma 4 dell’art. 33 – La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali – verso un sostegno economico alle scuole private per permettere alle famiglie di scegliere la privata a pari costo della pubblica, vorrei chiarire un grosso equivoco sull’argomento dei “bambini lasciati a casa”.
I sostenitori della B fanno notare che nel Comune di Bologna sono 1736 i bambini che vanno nelle scuole paritarie private, mentre se si assegnasse il milione di euro in questione alla scuola pubblica, con quei soldi si potrebbe dare posto soltanto a 150 bambini (il Comitato per la A dà cifre che oscillano invece tra i 200 e i 280 bambini). L’equivoco sta nel fatto che 1736 sono tutti i bambini che vanno nelle scuole private dell’infanzia. Se effettivamente alcune scuole private dovessero essere chiuse per la mancanza di fondi, è molto improbabile che siano tutti e 1736 i bambini cui bisognerebbe trovare un posto. Insomma, l’argomento dei bambini lasciati a casa in realtà è fazioso e tendenzialmente mal formulato.
La retta delle scuole private
Il problema, quindi, si sposta sul fatto che, per restare aperte e continuare a fornire servizi, le scuole private dovrebbero alzare le rette mensili. Ciò significherebbe che chi manda i propri figli in una scuola privata dovrebbe pagare di più e non è detto che se lo possa permettere. Su questo punto i numeri non sono affatto chiari: non c’è una chiara cognizione di quante famiglie effettivamente non potrebbero più permettersi la scuola privata senza riuscire, tuttavia, a trovare un posto per i figli nella scuola pubblica. A questo punto il problema diventa di orientamento squisitamente politico.
Scuola pubblica e scuola privata: dove vogliamo andare
Se il problema non è, come si vorrebbe invece far credere, che votando A si lasciano 1700 bambini a casa – o, con un’espressione greve, in mezzo a una strada, come se i genitori lanciassero i bambini fuori dalle auto in corsa ogni mattina – allora bisogna pensare a qual è il modello scolastico che vogliamo nel lungo periodo. Bisogna liberarsi dall’impellenza e dalla costrizione della soddisfazione del bisogno urgente di oggi e pensare a che cosa si può fare per la scuola pubblica – dell’obbligo e non – da oggi in poi.
Ci sono una serie di questioni tecniche da affrontare: il numero di sezioni che possono essere aperte, la percentuale di fondi che lo Stato dà al Comune per fronteggiare le necessità scolastiche, il rapporto tra costi fissi (le strutture, ad esempio) e costi gestionali per ogni singolo bambino. Bologna è una delle città italiane con il maggior tasso di crescita demografica: è chiaro che questi problemi vanno posti. Ma liberati dall’urgenza dei bambini lasciati a casa – urgenza che si è dimostrata essere falsa – bisogna che Bologna e i bolognesi pensino se si vuole andare verso un aumento della scuola privata, a Bologna e in Italia, o verso un recupero della scuola pubblica. Il vero dilemma è questo e si può esprimere la propria opinione votando A oppure B, il 26 maggio.
Dove si vota
Qui c’è la mappa dei seggi dove si può votare. Si vota domenica 26 maggio dalle ore 8:00 alle ore 22:00.
Ringrazio Francesca De Benedetti del Comitato Articolo 33 per il prezioso aiuto nel chiarire molte questioni.