La recensione in anteprima del colossal dei fratelli Wachowski, dal 10 gennaio al cinema
Anno: 2012
Regia: Lana Wachowski, Andy Wachowski, Tom Tykwer
Attori: Tom Hanks, Halle Berry, Jim Broadbent, Hugo Weaving, Susan Sarandon, Hugh Grant
Quando: in sala da giovedì 10 gennaio 2013
Cloud Atlas è il colossal made in Germany che coinvolge una moltitudine di storie e personaggi, dentro e fuori dallo schermo, avanti e dietro la macchina da presa. Adattamento del romanzo del 2004 L’Atlante delle Nuvole di David Mitchell …
La recensione in anteprima del colossal dei fratelli Wachowski, dal 10 gennaio al cinema
IN BREVE Titolo: Cloud Atlas Anno: 2012 Regia: Lana Wachowski, Andy Wachowski, Tom Tykwer Attori: Tom Hanks, Halle Berry, Jim Broadbent, Hugo Weaving, Susan Sarandon, Hugh Grant Quando: in sala da giovedì 10 gennaio 2013
di Giuseppe Marino
Cloud Atlas è il colossal made in Germany che coinvolge una moltitudine di storie e personaggi, dentro e fuori dallo schermo, avanti e dietro la macchina da presa. Adattamento del romanzo del 2004 L’Atlante delle Nuvole di David Mitchell, il progetto Cloud Atlas parte da Tom Tykwer (regista di Lola Corre e Profumo) e richiama già in fase di scrittura i fratelli Wachowski. Quei Wachowski che con Matrix hanno scritto i loro nomi a caratteri cubitali nell’immaginario cinematografico a cavallo fra due millenni, e che dopo non sono più riusciti a proporre opere altrettanto apprezzate. Quel Larry Wachowski che negli ultimi mesi ha fatto parlare di sé nel mondo dello spettacolo il suo gioioso cambiamento in Lana e che, come accadde anche con Matrix, continua a nutrire i suoi film delle proprie esperienze personali.
Come tutte le grandi produzioni, e in particolare quelle che vogliono veicolare messaggi importanti in una confezione altrettanto appariscente, Cloud Atlas sta facendo tanto e variamente parlare di sé: dai toni entusiastici che scorgono nell’opera una grandezza epocale, alla stroncatura del Time Magazine, che la iscrive in cima all’elenco dei peggiori film del 2012.
Il film nelle sue quasi tre ore svolge in montaggio parallelo ben sei linee narrative, disseminate in un arco temporale che va dal 1839 al 2321. Dalla parabola sulla schiavitù alla storia di un giovane compositore bisessuale intento a comporre il tappeto musicale che unisce tutte le storie; dalla giornalista coinvolta in un’enorme cospirazione all’anziano editore recluso in un ospizio; dai cloni sfruttati e privati d’ogni diritto alla società postapocalittica e primitiva, sospesa fra brutalità e desiderio di redenzione. Ogni storia racconta un tema forte, denuncia diversi tipi di discriminazione, ed espone in trame quasi sempre drammatiche la necessità del rispetto, dell’uguaglianza, della solidarietà, della partecipazione e naturalmente dell’amore.
L’aspetto più interessante e innovativo di Cloud Atlas è però sostanzialmente tecnico, di linguaggio, e risiede della macrostruttura che persegue un montaggio ritmato, spesso serrato, delle diverse parti. Si ricercano spesso raccordi visivi, tematici, ponti sonori e ideali che possano unire la frammentazione delle sei storie senza far pesare sullo spettatore il continuo avvicendarsi di luoghi, tempi e personaggi. Attraverso una creazione di legami per niente semplici, ma che finiscono per apparire naturali, gli autori evitano la mera successione di storie indipendenti e creano quell’intreccio di rimandi interni che regala al film una dimensione unitaria. Ad agevolare questa compenetrazione dei racconti i diversi attori, primi fra tutti Tom Hanks e Halle Berry, recitano in più di un ruolo (trasformati da trucchi non sempre convincenti, c’è da dire), in alcuni casi anche cambiando sesso.
Se dal punto di vista della fruizione il film presenta soluzioni interessanti, è sul piano contenutistico che questa ragnatela d’eventi non può dirsi completamente riuscita. Le storie sono dense di corrispondenze evidenti, eppure si tratta di accorgimenti in massima parte estetici e superficiali, mentre i rapporti fra causa ed effetto che attraversano trasversalmente la pellicola sono blandi, tanto che eliminare dall’opera una o due storie più deboli non ne comprometterebbe la comprensibilità.
Cloud Atlas si mostra, quindi, come una grande opera dai toni prevalentemente melodrammatici, che può affascinare per la sua imponenza, per l’evocazione di un gran numero di emozioni e per la costruzione di alcune scene visivamente d’impatto, specialmente nei segmenti futuristici. Non riesce, però a incarnare completamente quell’ideale sinfonico a cui sembra aspirare, compromettendo in questo modo la forza e l’efficacia dei suoi molteplici messaggi.