Un’associazione per dare una risposta concreta ai disagi sociali e abitativi di Bologna
Chi: Architetti di Strada
Cosa: associazione
Dove: area di Bologna
Info: www.architettidistrada.it
Tematiche sempre più calde, ma mai abbastanza considerate nei piani regolatori e nella progettazione urbana. Il tema della sostenibilità edilizia e di quanto ad essa è connesso, dal risparmio energetico all’inclusione sociale, dalle abitazioni di emergenza alla progettazione partecipata,…
Un’associazione per dare una risposta concreta ai disagi sociali e abitativi di Bologna
Chi: Architetti di Strada Cosa: associazione Dove: area di Bologna Info: www.architettidistrada.it
di Erika Gardumi
Tematiche sempre più calde, ma mai abbastanza considerate nei piani regolatori e nella progettazione urbana. Il tema della sostenibilità edilizia e di quanto ad essa è connesso, dal risparmio energetico all’inclusione sociale, dalle abitazioni di emergenza alla progettazione partecipata, sono sempre più cruciali in un mondo più sensibile agli sprechi, economici, di risorse e sociali. In questa cornice nasce a Bologna il progetto Architetti di Strada, un’associazione che raccoglie diverse figure professionali allo scopo di trovare risposte nuove e più efficaci ai disagi sociali e abitativi. Abbiamo scambiato due chiacchiere con loro nella loro sede di Piazza Giovanni XXIII, con la presidente Elena Vincenzi e i suoi colleghi Giorgio Volpe, Andrea Shemberg, Sergio Bettini, Annalaura Ciampi, Elena Marchi, Maurizio Maggi, Luca Vandini, Marina Palmieri, Toni Giunta e Carla Falzone.
Chi sono gli Architetti di Strada e da quanto sono attivi?
L’Associazione Architetti di Strada è nata nel 2010 dall’incontro tra architetti, ma anche esperti di comunicazione, di diritti umani, di urbanistica. Persone che a quell’epoca avevano già un’esperienza di attività nella città di Bologna e si sono messi insieme per dare risposte più efficaci ai disagi sociali e abitativi che si percepivano come crescenti e come affrontati in maniera incompleta. Non è stato solo un mettere insieme competenze, ma propriamente trovare un approccio nuovo. Abbiamo notato innanzitutto che nei progetti che si attivano in città alcuni non partecipano: per questo un nostro primo obiettivo era dare voce a chi non ce l’ha, soprattutto agli emarginati e alle persone in situazione di emergenza. Abbiamo quindi provato a ragionare su quale fosse il metodo migliore per interagire con loro, e per fare questo abbiamo chiesto aiuto ai vari interlocutori, dalle istituzioni a enti e associazioni che si occupano del disagio, da reti di volontariato a cooperative sociali coinvolte.
Siete la prima esperienza di questo tipo in Italia e nel mondo?
Siamo nati autonomamenta da una pulsione personale, successivamente abbiamo scoperto che ci sono altre realtà simili in Italia. Anche nel mondo esistono metodi e approcci simili, ad esempio nelle università di architettura. Una grossa realtà a livello mondiale è ad esempio Architecture for Humanity. Nonostante non ci sia un lavoro di metodo sulla costruzione di una rete tra queste realtà, c’è sicuramente un tentativo spontaneo di informarsi, tenersi in contatto e mettere in comune esperienze e progetti.
Parlate di dare voce a chi non ce l’ha e di ascoltare gli esclusi. Mi fate qualche esempio?
Un lavoro recente che ci è stato proposto riguarda il dormitorio Zaccarelli e Cabrini. Ci è stato richiesto di individuare delle idee di trasformazione a partire dal dialogo con le parti interessate: ci siamo quindi relazionati con i responsabili delle strutture, per imparare dalla loro preziosa esperienza alcuni accorgimenti per rivolgersi agli utenti del dormitorio. Abbiamo poi ricostruito l’intero intorno, “intervistando” i volontari, gli operatori, ma anche gli abitanti delle case circostanti. In questo modo il lavoro diventa una riflessione sul luogo fisico di accoglienza che è il dormitorio, ma anche sul pezzo di città coinvolta. La metodologia trasversale di tutti i nostri interventi è infatti quella di rimettere in comunicazione parti di società. A volte si agevola la comunicazione con i luoghi fisici, in altri casi con le criticità che con il tempo si sono create.
Secondo voi Bologna è una città attenta, almeno potenzialmente, a questi aspetti?
Dalla base sì, i cittadini ci tengono moltissimo. Abbiamo visto parecchie iniziative, o idee, che la città esprime, a tutti i livelli: dagli anziani, ai quartieri, ai circoli. Facendo questo lavoro con l’Associazione stiamo scoprendo una città che non conoscevamo: quello che vorremmo fare è rendere visibili queste iniziative isolate e “silenziose”. Forse varrebbe la pena di avere una cornice più ampia e più coerente in cui inscrivere tutto questo, e per questo ci deve essere una reazione da parte di tutti i settori che governano la città, a livello politico ma anche tecnico. C’è da dire che inizialmente c’è stata una sorta di scetticismo da parte dell’Amministrazione verso questi temi, ma pian piano stiamo arrivando ad una comunione di prospettive e a una attenzione maggiore.
Vi occupate anche di cohousing e quindi dello sviluppo di comunità di abitanti che condividono e gestiscono gli spazi comuni dei loro insediamenti abitativi?
Non ce ne occupiamo specificamente, ma stiamo affrontando progetti di questo tipo con Oltre Venture, la società che ha creato il complesso “Ivrea 24” dove coesistono diverse soluzioni abitative – generalmente temporanee – per persone in situazione di disagio abitativo temporaneo. Oltre Venture ha realizzato in grande un nostro progetto molto simile, realizzato nel primo anno di attività dell’Associazione Architetti di Strada, che purtroppo non è ancora andato in porto. Ci siamo comunque messi in contatto con questa società, li abbiamo tra l’altro invitati a parlare di questa esperienza a Bologna, durante il Green Social Festival e siamo diventati partner con loro per un progetto di housing sociale temporaneo.
Quali sono le prossime iniziative e i prossimi progetti in vista?
Innanzitutto siamo entrati a fare parte della Consulta bolognese per il superamento dell’Handicap, dove si sta facendo un lavoro abbastanza importante di partecipazione e un ragionamento sul tema dell’accessibilità. La cosa interessante è che è stato istituito un tavolo tecnico incaricato di fare un lavoro di mappatura delle barriere architettoniche del Centro storico. Per portare a termine questo ingente compito stiamo prendendo in considerazione di volta in volta delle piccole aree della città, dove ci rechiamo per insegnare in loco ai funzionari comunali a mappare le barriere secondo una metodologia ben definita e condivisa. Da questo è nato anche un coinvolgimento nella progettazione di soluzioni specifiche per l’accesso dei disabili a determinati monumenti della città. Ad esempio abbiamo fornito il nostro contributo per l’individuazione di soluzioni di accessibilità per l’Arco Bonaccorsi (via Saragozza). Un’altra ricerca che abbiamo fatto su questa tematica riguarda lo studio dell’accessibilità dei Musei bolognesi, dalla quale è emersa un’attenzione modesta al problema: è sicuramente un campo in cui è possibile fare di più.
Su questa tematica, e in generale sui nostri temi, abbiamo fatto anche delle lezioni all’università. Stamattina ad esempio siamo stati alla Facoltà di ingegneria per parlare dell’accessibilità, e della frequente mancanza di attenzione alla problematica, nonostante le ottime leggi italiane in materia.
A breve parteciperemo alla riqualificazione dei Giardini Acer in S.Donato e ad altre iniziative simili in città e provincia. In genere tendiamo sempre a creare o partecipare a quelle che possono essere occasioni di coinvolgimento dei cittadini nella propria città, ad esempio partecipiamo al Trekking Urbano di Bologna secondo una chiave di lettura nostra, legata al tessuto sociale e alle attività cittadine, che vada oltre il mero dato turistico. Queste per noi sono occasione di collaborazione con i singoli gruppi e associazioni, momenti importantissimi per far parlare i luoghi e per coinvolgere veramente la cittadinanza.