Umberto Scida porta al Duse una divertente versione dell’opera di Franz Lehar
Chi: Compagnia Italiana di Operette
Cosa: La Vedova Allegra, di Franz Lehar
Quando: 7 marzo 2012
Dove: Teatro Duse, via Cartoleria, 42
Giudizio: godibilissima
Qualcuno salvi il teatro popolare e le compagnie d’operetta. Poiché, declinazione minore (e perciò più a rischio) dei celebri melodrammi, possono ancora regalarci serate godibilissime. Eppure non si direbbe. Poiché, terra di mezzo della cultura contemporanea, l’operetta è troppo bassa e popolare per gli appassionati del genere maggiore (quello senza l’etta), troppo vecchia …
Umberto Scida porta al Duse una divertente versione dell’opera di Franz Lehar
IN BREVE Chi: Compagnia Italiana di Operette Cosa: La Vedova Allegra, di Franz Lehar Quando: 7 marzo 2012 Dove: Teatro Duse, via Cartoleria, 42 Giudizio: godibilissima
di Simone Arminio
Qualcuno salvi il teatro popolare e le compagnie d’operetta. Poiché, declinazione minore (e perciò più a rischio) dei celebri melodrammi, possono ancora regalarci serate godibilissime. Eppure non si direbbe. Poiché, terra di mezzo della cultura contemporanea, l’operetta è troppo bassa e popolare per gli appassionati del genere maggiore (quello senza l’etta), troppo vecchia e insulsa per chi, immerso nell’attualità, continua a pensare che non esistano platee che non finiscano con uno schermo o concerti che non prevedano chitarre. Sarà per questo equivoco di fondo, e per la voglia di non approfondire, che troppi bollano l’operetta come varietà senza trama, balletto noioso, materia di studio storico, e preferiscono altri lidi. Non sanno cosa si perdono. Nonostante ciò, siccome non è mai troppo tardi, consigliamo a chi volesse scoprirne il mondo di tener l’occhio teso, magari sulle pagine Bologna Cult: in città di operette ne passano, magari alla chetichella, e alcune di esse sono di alta qualità.
Fra queste, sicuramente l’ultima: “La vedova allegra”, andata in scena ieri sera, mercoledì 7 marzo, al Teatro Duse, a opera della Compagnia Italiana di Operette di Milano, un’istituzione assoluta del genere. A loro dobbiamo una versione ben riuscita (ottima per i neofiti) di uno dei testi più famosi: “La vedova allegra” di Franz Lehár su libretto di Victor Léon e Leo Stein. Ferrea la trama, che riporta all’eterno fascino del risaputo: la giovane Hanna Glàvary (brava a impersonarla è Elena D’Angelo) ricca e affascinante vedova del banchiere di stato del minuscolo regno di Pontevedro, si reca a Parigi con l’intenzione di trovare un secondo marito. Scatenando così il panico nel reame di Pontevedro, poiché la fuga all’estero della sua dote manderebbe sul lastrico la banca nazionale. Sarà perciò compito dell’ambasciatore pontevedrino a Parigi – l’anziano barone Zeta – e del suo improponibile aiutante – il cancelliere Njegus – fare di tutto per combinare il matrimonio della vedova con un pontevedrino. Ma chi? Unico loro connazionale in età da marito a Parigi è il conte Danilo Danilowitch, che guarda caso è un vecchio amante d’infanzia della vedova e che, tra l’altro, non ha intenzione alcuna di sposarsi.
Riusciranno i nostri eroi? Certo che riusciranno, ci mancherebbe. Passando ovviamente in mezzo ad altre storie di contorno: l’amore segreto tra Valancienne (la moglie del vecchio Barone Zeta) con il diplomatico Camille De Rossillon e la gelosia (tra l’altro ben riposta) del povero Kromow nei confronti della moglie civettuola. Proprio quest’ultimo (interpretato da un perfetto Gianvito Pascale) è una riuscita variazione sul tema dell’opera, al pari delle articolate e divertentissime gag tra il barone Zeta (portato in scena da un caratterista di lungo corso, il genovese Armando Carini) e dal suo attendente Njegus, impersonato dal bravissimo Umberto Scida, che firma anche la regia dello spettacolo. E qui si insinua il principale blasone di questa messa in scena. Poiché la differenza di un’opera arcinota è data dalla bravura e la creatività di chi la propone. Leggasi Compagnia Italiana di Operetta, che ha saputo portare sui palchi italiani una Vedova allegra rigorosa e innovativa al tempo stesso.
Due le conclusioni che ne derivano. Una colta, che fa più o meno così: il piacere della narrazione può derivare a pari merito dai colpi di scena che disattendono le aspettative o dalla pedissequa riproposizione degli schemi attesi (Umberto Eco). La seconda veste i panni di Corrado Guzzanti quando imita il Tremonti che vuole abolire la lirica con un’inappuntabile obiezione: “A che serve farla ogni anno? Tanto si sa che alla fine la baldracca muore di tifo”. Eppure non siamo, noi italici, perennemente rapiti da comici che in tv ripetono ogni settimana gli stessi tormentoni, da cantanti che pubblicano continue variazioni sul tema del loro pezzo migliore, da politici che ci rifilano sempre le stesse immortali panzane? Ed è qui che assume peso l’operetta. Che, confrontata alla finzione stantia di certe trasmissioni televisive, a certa fiction-spazzatura da prima rete e a quelle immonde sbobbe di nani e ballerine delle reti contrapposte, perlomeno ha dalla sua il fascino della genuinità. Un divertimento trasgressivo di tanti anni fa, fatto di can-can, ballerine, mariti becchi, verbi desueti e colpi bassi, sì, ma perlomeno innocui. Allora lunga vita all’operetta e grande plauso a Umberto Scida e la Compagnia Italiana di Operette. Quando passerà di nuovo in città, statene certi, non permetteremo che vi scappi ancora.
Il cartellone
COMPAGNIA ITALIANA DI OPERETTE
LA VEDOVA ALLEGRA
Operetta di Franz Lehàr
Su libretto di Victor Leon e Leo Stein
1°ma Esecuzione: Vienna, Theater an der Wien, 28 dicembre 1905
Cast
ELENA D’ANGELO – Hanna Glavary
UMBERTO SCIDA – Niegus
ARMANDO CARINI – Barone Zeta
FRANCESCO TUPPO – Conte Danilo
CAMILLA CORSI – Valancienne
MASSIMILIANO COSTANTINO – Camillo De Rossillon
GIANVITO PASCALE – Conte Kromow
MONICA EMMI – Olga Kromow
CRISTINA CHIAFFONI – Contessa Bogdanovich
FRANCESCO GIUFFRIDA – Conte Bogdanovich
ALESSANDRO LORI – Cascada
Direttore d’orchestra Orlando Pulin
Maestro Collaboratore Hilary Bassi
Regia Umberdo Scida
Coreografia Monica Emmi